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orgoglio e amore per la nostra cultura

SCUOLA DI TARANTELLA

MONTEMARANESE

Danza Popolare del Sud Italia

CHI SIAMO

Ad una prima e superficiale lettura l’esistenza di una Scuola di Tarantella Montemaranese potrebbe sembrare quasi una contraddizione: da una lato l’indicazione di un “oggetto” di natura squisitamente folklorica, che ha tra le sue caratteristiche la trasmissione delle competenze per le vie tradizionali della acculturazione attraverso l’apprendistato, e, dall’altro, il nominare un Istituto, come la scuola, che direi per definizione appartiene ad altre logiche di trasmissione della competenza, piu’ connesse ad una societa’ egemonica che subalterna (si pensi ad esempio alla dinamica relazione professore/studente).
Questa constatazione potrebbe infatti suscitare la domanda: come si puo insegnare qualcosa che va innanzitutto vissuto, partecipato, respirato, osservato (cioe’ tutte azioni che richiedono il sentire sul piano emotivo)? Come si fa ad incasellare questi piani in “lezioni” o “workshop”, che inevitabilmente rimandano ad azioni sul piano razionale, come l’apprendimento di una tecnica, che e’ si importante ma certo non fondamentale?
Ed e’ proprio qui che personalmente ritengo vengano superate queste distanze. L’operato della Scuola di Tarantella Montemaranese non va assolutamente immaginato come la trasmissione di un sapere tecnico, nello specifico il saper ballare (la qual cosa avviene, come effetto, e che certamente non e’ la ragione prima) ma come la comunicazione di un sentire, di un appartenere e, in fondo, di un gioire che viene messo a disposizione su un piano sovralocale, com’e giusto che sia in una logica che si allontana da un pericoloso localismo per abbracciare quelle dinamiche che inseriscono le qualita’ del locale in un’ottica globale. Qui la trasmissione avviene non solo attraverso lo sguardo, strumento fondamentale dell’apprendistato, ma anche e soprattutto attraverso l’empatia, che rimanda ad uno dei tratti fondamentali della tarantella, vale a dire l’essere un momento di coesione e di identita’ di un gruppo sociale e al tempo stesso un momento di apertura e di comunicazione verso un esterno da coinvolgere. “Augusto Ferraiuolo – Docente di antropologia alla Boston University

Or per seguire le orme di coloro che sebbene scrissero di Montemarano in tempi a noi più vicini risalirono però alle epoche più rimote riportiamo un Iscrizione votiva che l erudito GA Cassitto trovò e lesse nel campanile della terra di Locosano esistente come siegue

EIERAISCUS EGGIAE NERULLAE SER IOVI AMARANO ARAM POSUIT

Che il ch Abate Romanelli nella Topografia Storica del Regno di Napoli nel far parola della nostra Città così spiega Amaranus Mons Questo monte dovè appellarsi Amarano e per le sue eccelse virtù a noi incognite arrivò al sublime onore di dare un agnome a Giove istesso come dal monte Palemio e Tifata Giove si appellò Palemio e Tifatino Grato a benefici ricevuti in questo monte da Giove Amarano il Servo Eresco certamente barbaro e straniero ma al servizio di Eggia Nerulla forse Dama Irpina volle alzargli un ara col sopracitato titolo e soggiunge In questo sito s innalza il nobil Oppido di Montemarano tra Nusco ed Avellino che ne ritiene l antico nome Le continue invasioni cui soggiacque il suolo Maranese ne tempi posteriori e più nell’epoche cristiane fecero mutar posto alla citata lapida dal Tempio di Giove Amarano ed il Tempio medesimo potè dedicarsi al culto della vera Divis nità e quindi sotto al dominio di Principi di nazioni diverse che contendevansi i piccioli Ducati di questa parte dell Italia successe facilmente che l Iscrizione innalzata a Giove Amarano dal Servo Eresco si fusse trasportata in Locesano e poi fabbricata nel campanile di detta Terra dal perchè eran sì frequenti tali mutazioni per quanto eran facili farsi delle donazioni da Principi medesimi.
 
 “…Mi ritrovai a Montemarano, una comunità di canzoni e cori… E che tarantella… Le donne mi presero e mi portarono a ballare… ogni occhiata nella stanza brillava sensuale di gioia.” – Alan Lomax, 1955 da L’anno più felice della mia vita.
  
De Simone-Rossi 1974. I documenti sonori raccolti nel 1975 riguardano esclusivamente tarantelle eseguite all’aperto (forse durante i tre giorni centrali del carnevale) che accompagnano la tipica danza processionale guidata dal Pulcinella (detto anche capor’abballo) che coinvolge molti montemaranesi che per l’occasione si mascherano e ballano disposti su due file in un determinato ordine di disposizione: i bambini poi gli adulti e soltanto alla fine i musicisti delle piccole bande. La danza, accompagnata dai tipici  strumenti della tarantella montemaranese ovvero clarinetto (prima la ciaramella), fisarmonica (che probabilmente ha sostituito la zampogna) e tamburello, si snoda per le vie del paese, in particolare lungo il percorso che porta dal Ponte alla piazza e viceversa, durante il quale i partecipanti spesso gettano simbolicamente confetti e anisielli sugli spettatori. Le tarantelle documentate sono prevalentemente strumentali tranne un paio di casi (tracce 05 e 07) con interventi cantati sui tipici “testi-motivi” della montemaranese (si veda a tal proposito E. Bassano, Montemarano 1974). Diversi sono i momenti in cui emergono le urla collettive della folla danzante: secondo alcuni avrebbero una funzione apotropaica e liberatoria, per altri servirebbero a mantenere il passo quando la musica aumenta di velocità. Le registrazioni sono in alcuni casi frammentarie e l’audio di scrsa qualità.

Comune di montemarano

carnevale di montemarano


Tarantella for africa



ICHnet

Tanta l’allegria e divertimento con
la Scuola di Tarantella Montemaranese.


Ad ogni evento si rinnova la partecipazione e l’entusiasmo per una musica
piena di passione ed orgoglio che da sempre chiama a raccolta un pubblico di tutte
le età e le estrazioni sociali.

ROBERTO d'aGNESE
PRESIDENTE

Nasce a Montemarano la scuola di tarantella

Le donne danzano agitando gli antichi costumi vezzosi, con ampie gonne colorate e nastri di raso, sulle melodie frenetiche della tarantella, e chi vive qui sa che tutte le mamme del posto utilizzano il ritmo di questo ballo locale come ninna nanna.  Il suono delle nacchere, che in quest’angolo di Irpinia si chiamano “castagnette”, accompagna i movimenti di un intero popolo, in un’armonia che profuma di vino, di amore per la propria terra, di tradizione. Siamo a Montemarano, paese del vino, della tarantella e del carnevale, in provincia di Avellino, e qui si tramanda di padre in figlio un’antichissima consuetudine:  spetta al “caporaballo” l’apertura delle danze e dei cortei nel periodo del Carnevale e soprattutto il martedì grasso. Un paese che vive di riti ancestrali che si perdono nel tempo e che regala a visitatori e turisti un viaggio affascinante nella storia, tra miti e leggende. Per preservare l’immenso patrimonio culturale, di storia e tradizioni di Montemarano e più in generale dell’intera Irpinia, un gruppo di giovani del paese, capitanato da Roberto D’Agnese, esponente di ichNET ( il comitato di promozione del patrimonio immateriale), affiancato da un energico team di anziani depositari della memoria storica paesana, ha dato vita ad un progetto interculturale che prende il nome di Scuola di Tarantella Montemaranese. Un’iniziativa che focalizza la sua attenzione sulle danze popolari, come patrimonio da conservare e tramandare ai giovani fin dalla più tenera età, per raccontare quanto di bello e appassionante c’è in Irpinia,promuovere il territorio a 360 gradi e suscitare curiosità turistica al di fuori dei confini regionali. Giunta ormai al quarto anno di vita, adesso, la Scuola di Tarantella Montemaranese è pronta a ricevere l’accreditamento come organizzazione non governativa dall’Unesco. L’iter burocratico è in dirittura d’arrivo. Corsi di danza e di musica, organizzazioni di eventi musicali, gemellaggi e scambi culturali con le principali manifestazioni italiane ed europee, come la Festa della Tammorra di Carinaro, Popolo e Tammurriata a Salerno, il Festival delle tradizioni di Tolosa o il Carnevale delle culture di Berlino. La scuola di tarantella riesce nell’ intento di creare aggregazione e di dare un senso nuovo al concetto di comunità, facendo incontrare la tradizione popolare con le moderne tecnologie e con i social network. “In questi quattro anni  –  esordisce D’Agnese – abbiamo visto la nostra idea di tradizione diffondersi a macchia d’olio e conquistare sempre più consensi. Da sempre intendiamo la tarantella non come una semplice esibizione folkloristica, ma come una metafora  di quell’insieme di tradizioni, colori, suoni, che caratterizzano la storia e la cultura di un popolo. Turisti e visitatori devono mascherarsi, se vogliono partecipare alla danza, e seguire le indicazioni del caporaballo, che, munito di un bastone, anima i danzatori. Un’attività che ha visto impegnati 15  volontari a portare in 61 comuni italiani una fotografia della Tarantella e dell’Irpinia. Abbiamo narrato le meraviglie del nostro territorio in tutte le sue sfaccettature: ambientali, enogastronomiche, artistiche”.

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